E’ il 1996 in Giappone ed un tale di nome Tohru Fujisawa decide di lanciare il seguito del suo ‘Shonan Jun’ai Gumi’, manga a base di sonore scazzottate fra bande di teppisti ( ma non solo èh. ).
Onizuka infatti è un bel teppista di quelli tosti, picchia da paura e con la motocicletta è un vero acrobata.
La società Giapponese, notoriamente molto rigida e selettiva, tende ad emarginare individui di questo genere.
Il Buon Tohru prende questo tizio e lo sbatte a fare il professore.
Nasce così il manga G.T.O Great Teacher Onizuka: sarà un successo incredibile di vendite e di critica, ne verranno tratti una serie animata ed un live action la cui ultima puntata sarà il programma televisivo più visto in giappone.
Il perché di questo successo, vi chiedete? Sorvolando sulla trama ( non voglio anticiparvi nulla ) e concentrandoci sui contenuti, posso dire che questo è un prodotto di denuncia sociale. Con rigido sarcasmo e ferrea critica l’autore eviscera le fobie, le follie, le psicosi e le nevrosi del popolo giapponese, oppresso da un sistema rigidissimo dove chi non è affine allo standard viene escluso dalla massa ed emarginato. Alunni sempre spronati a dare il massimo per non sfigurare, impiegati immersi in una spietata guerra fredda all’interno della stessa azienda, dirigenti aziendali ( o, perché no, vicepresidi ) così stressati da avere ripercussioni fisiche oltreché psicologiche.
Elevando questi elementi fino ad un livello di esasperazione ed esagerazione della realtà, Tohru ci mostra abilmente come l’oppressione diventa rivalsa e soprattutto vendetta verso il prossimo: alunni che usano violenza su coetanei e ricatti su professori, professori con turbi psichiche maniacali, classe dirigente che dietro la facciata pulita nasconde corruzione e lascivismo… cosa ci fa il buon Onizuka, tenero teppista, in questo inferno?
Molto semplice: il personaggio di Eikichi Onizuka , con la sua carica di positività, spontaneità ed incrollabile fede nella ‘giustizia’ è il nostro occhio su questo mondo ‘marcio’.
Grazie ad una narrazione svelta, movimentata, farcita di gag comiche e momenti di grande riflessione, l’autore ci accompagna allo scioglimento dei drammi personali dei vari personaggi con cui il nostro eroe entrerà in contatto e dal qual dovere di insegnante responsabile non potrà ( e vorrà ) estraniarsi. Scopriremo così le meccaniche che regolano le difficili interazioni personali, sradicheremo le convinzioni obsolete e di pura ed alle volte falsa immagine sociale, ragioneremo sul logorio subito da chi è vittima di un sistema che non accetta la benché minima debolezza ed è costretto a sfruttarsi fino in fondo per rimanere a galla.
Pagina dopo pagina, tavola dopo tavola ( a proposito, disegni molto belli, puliti e ricchissimi di dettagli, proporzioni corporee ottime, sublime resa dei volti e delle espressioni sopratutto femminili, grande ilarità nelle smorfie di Onizuka ), l’autore dipinge personaggi vivi e profondi, colmi di ‘male di vivere’ ma anche in spasimante attesa che venga loro gettata una corda con la quale uscire dalle sabbie mobili del rancore e del dolore.
Verranno prese in esame molte tematiche: dal bullismo alla solitudine, dall’amore all’abbandono.
In 25 numeri ( ridotti poi in grossi 13 volumi nell’ultima incarnazione editoriale, chiamata Big GTO ) si percorre un anno scolastico intensissimo, durante la quale il biondo teppista aiuterà e sarà aiutato, divertirà e farà pensare, fino ad un finale molto movimentato ma che darà la chiara impressione che l’autore aveva già terminato le frecce al suo arco.
Una menzione specialissima va al personaggio del vicedirettore Uchiyamada: esso incarna perfettamente le paure e la cieca , repressa vulnerabilità dell’uomo comune ridotto a macchietta di se stesso dall’aggressività del mondo esterno. Indimenticabile, vi commuoverà e farà arrabbiare con i suoi momenti di grande umanità e bieca rabbia.